martedì 30 gennaio 2018

Brexit, la UE fissa le regole per la transizione di Londra

La Commissione Europea ha varato le linee guida che dovranno regolare i negoziati con il Regno Unito per la fase di transizione della Brexit. L'apporvazione - che pare sia avvenuta in tempi rapidissimi - è stata fatta dai Ventisette nella giornata di lunedì, e si tratta di un complesso di principi che sono particolarmente rigidi nei confronti della Gran Bretagna. Talmente tanto che da Londra è già arrivata una reazione forte, convinta com'è che la UE sta penalizzando i suoi interessi e che miri a farla diventare uno Stato vassallo dell’Europa.

La scelta della UE sulla Brexit

brexitMa cosa hanno deciso i Ventisette? Anzitutto che potrà essere concesso alla Gran Bretagna un periodo di transizione di 21 mesi, in modo da avere il tempo necessario per negoziare una Brexit morbida. In sostanza per completare l'uscita dalla Ue si avrà di tempo dal 30 marzo 2019 al 31 dicembre 2020. Tre mesi prima quindi della scandeza che avrebbe voluto Londra (29 marzo 2021).

Inoltre durante la fase di transizione il Regno Unito dovrà rispettare tutte le regole comunitaire, incluso rispettare le competenze della Corte europea di Giustizia. Potrà ancora partecipare al mercato unico e all’unione doganale, ma a sua volta dovrà continuare a rispettare i 4 principi di libertà: capitali, persone, merci e servizi. Durante tutto il periodo di transizione non potrà inoltre sottoscrivere accordi internazionali di competenza comunitaria, se non verrà espressamente autorizzata dall’Unione.

In pratica dovrà comportarsi come se fosse dentro fino all'ultimo giorno, ma al tempo stesso non potrà partecipare alle decisioni comunitarie, visto che dal 30 marzo 2019 in poi sarà considerato un paese terzo. Solo eccezionalmente - e a seconda dei casi - potrà partecipare ai lavori delle istituzioni comunitarie, ma comunque senza avere diritto di voto. Come si vede, la UE non ha alcuna intenzione di dare a Londra facilitazioni particolari.

sabato 27 gennaio 2018

Criptovalute al centro dei discorsi anche al World Economics Forum di Davos

La quarantottesima edizione del World Economic Forum (Wef) che si è svolto a Davos ha avuto come grande protagonista il presidente USA Donald Trump. Ma tra i tanti argomenti discussi c'è stato posto anche per le criptovalute, le grandi protagoniste del 2017 sui mercati finanziari. Se non fosse stato proprio per la ingombrante presenza di Trump e dei populismi, sarebbe diventato probabilmente il tema centrale del Wef.

Che Bitcoin e compagnia siano diventati un argomento di primo piano è fuori di dubbio. E non potrebbe essere diversamente visto che il valore di mercato delle criptovalute è passato in poco tempo da meno di 20 a oltre 540 miliardi di dollari (qui si parla di trading con i bitcoin, come funziona e dove farlo in Italia). Ma a dire il vero le attenzione del Wef non sono state proprio positive. Il direttore generale dell'Fmi, Christine Lagarde, ha infatti lanciato un monito forte: "è inaccettabile l'utilizzo delle criptovalute per occultare gli illeciti come il finanziamento del terrorismo e il riciclaggio".

Dubbi e scetticismo sulle criptovalute

Non c'è in ballo solo lo scetticismo sulla capacità delle valute digitali di affiancare o sostituire le monete tradizionali come mezzo di pagamento, ma soprattutto il timore che lo sfruttamento di questo strumento possa innescare delle bolle micidiali, oppure alimentare utilizzi illeciti (come il riciclaggio). Tuttavia c'è grossa fiducia nella tecnologia che le sorregge le criptovalute, ovvero la blokchain. I suoi possibili utilizzi sono al centro dell'attenzione delle grandi istituzioni finanziarie, e sono tutti da esplorare e non sono in vista aspetti deteriori.

Nel frattempo non si ferma la loro diffusione presso i trader. Ormai tutti i miglior broker trading online consentono di fare trading sulle moneta virtuali, anche se le recenti scottature si fanno sentire. Dal momento del picco, raggiunto a metà dicembre, il valote di Bitcoin è crollato di circa la metà. Molti investitori sono rimasti scottati e adesso attorno a questi asset finanziari c'è molta più prudenza.

giovedì 25 gennaio 2018

Banche, stress test il 31 gennaio. Nouy ribadisce: "Bisogna ripulire i bilanci"

Mancano pochi giorni al prossimo stress test lanciato da EBA, ovvero l'European Banking Authority. La data fissata per il prossimo test è il 31 gennaio. In quella occasione verrà verificata la resistenza delle principali banche dell'Unione Europea ad eventuali shock economico-finanziari. In quella occasione peraltro verranno anche pubblicati gli scenari macroeconomici di riferimento in base ai quali verranno portati avanti i test.

Novità per le banche

Ci sarà una grossa novità nei prossimi test. Infatti dal 2018 viene incorporata l'adozione degli standard di bilancio Ifrs9 (International Financial Reporting Standard 9), che entrano a regime dal 2018 in sostituzione della Ias39. In base a questi nuovi standard le banche devono orientare in ottica risk-based l’intero processo del credito, con impatti rilevanti su definizione dei contratti, criteri di selezione della clientela, pricing, monitoraggio, scelte di accounting e sistemi interni di controllo.
Non vengono più stimate le perdite realizzate, ma anche quelle attese in capo agli attivi delle banche.
I risultati dei prossimi stress test, così come ha annunciato la stessa EBA, saranno pubblicati il 2 novembre 2018.

Intanto per le banche arriva una notizia confortante. Il presidente del supervisory board della BCE, Daniele Nouy, ha detto che l'addendum della BCE sui Non Performing Loan (NPL) potrebbe slittare di qualche mese. Secondo quanto riferito dalla Nouy, dopo un esame dei commenti e delle opinioni legali ricevute, è possibile che "venga cambiata la data di applicazione". La Nouy ha però evidenziato che le banche non possono fare troppo poco e tardi: "questa non è un'opzione percorribile perché causerebbe grossi problemi nel futuro. Perciò è essenziale che i bilanci vengano ripuliti".

martedì 23 gennaio 2018

Bitcoin, sondaggio "autogol" della BCE. Per il 75% può essere l'alternativa alle monete tradizionali

Ha davvero il sapore dell'autogol, il sondaggio riguardo Bitcoin lanciato qualche giorno fa dalla BCE via Twitter. L'istituto centrale da diverso tempo ha ammonito gli investitori e i mercati riguardo i tanti buchi neri delle criptovalute. Eppure nessuno ha pensato ad una cosa ovvia, ovvero che la domanda: "Bitcoin sarà la moneta alternativa rispetto alle tradizionali?" potesse rivelarsi un boomerang. E così è stato, visto che il 75% dei partecipanti ha detto di sì.Solo il 13% s'è detto contrari mentre ammonta al 12% la quota di indecisi.

L'istituto di Francoforte da diverso tempo sta prendendo le distanze dal fenomeno Bitcoin. Altri paesi addirittura si sono spinti oltre mettendo al bando le criptovalute. Strumenti finanziari che comunque continuano a riscuotere grande successo presso il pubblico, basta fare una registrazione Plus500 apertura conto e vedere quanto siano "spinte" dai broker le criptovalute.

Banche centrali e Bitcoin

Qualche mese fa, proprio il numero uno della BCE Mario Draghi, ebbe modo di dire la sua riguardo al fenomeno delle valute virtuali. Rispose che la Bce non ha il potere di proibirle o regolamentarle. Al tempo stesso però avvertì l'Estonia sulla impossibilità di creare una propria valuta virtuale: nessuno della UE può introdurre una propria valuta. Lo stesso Draghi parlò in seguito della tecnologia che è fulcro delle monete digitali, ovvero blockchain. "Non è ancora matura perché venga considerata dalle banche centrali come uno strumento di politica monetaria".

Insomma, però un bel po' di tempo le criptovalute continueranno ad essere uno strumento da utilizzare solo sulla piattaforma Forex demo trading online, mentre nella vita reale no. Non è un mistero che le criptovalute non vanno a genio alle banche centrali perché puntano alla decentralizzazione della politica monetaria. In pratica trasferiscono il potere di battere moneta ad un algoritmo di estrazione. Le Banche rinuncerebbero mai a questo potere?

domenica 21 gennaio 2018

Inflazione, che cosa ci aspetta nel 2018? E le banche centrali che faranno?

Saranno ancora una volta i dati sull'inflazione il fulcro dell'interesse degli investitori nel 2018. Dall'andamento dei prezzi al consumo infatti dipende il programma di quantitative easing nonché il rialzo dei tassi da parte della BCE. In linea di massima si può ipotizzare un quadro di crescita globale simile al 2017, quindi molto positivo. E parimenti ci sono buone probabilità di un rialzo dell’inflazione anziché di un rallentamento. Si può immaginare cosa succederà allora, ben sapendo che variazioni anche lievi dell’inflazione possono sempre portare a delle reazioni delle banche centrali.

Banche centrali e inflazione


Quel che si sa al momento, è che la BCE ha intenzione di proseguire nel piano acquisto titoli fino a settembre, ciò vuol dire che un aumento dei tassi prima è molto improbabile che possa verificarsi prima del 2019. Va anche aggiunto che oltre Oceano la Federal Reserve non promette alcuna rivoluzione rispetto a quanto fatto finora. Il prossimo capo Jerome Powell infatti si muoverà lungo lo stesso sentiero della Yellen. Almeno nel breve termine quindi non ci saranno cambiamenti nella politica monetaria.

Tuttavia, se è vero che le banche centrali terranno il timone su politiche monetarie espansive, probabilmente molleranno un po' questo timone. Certamente tutte le banche centrali si stanno muovendo verso politiche meno accomodanti. La FED lo sta facendo da tempo, mentre le BCE ha già ammorbidito i suoi toni a dicembre. Nel Regno Unito e in Cina i tassi invece sono stati già alzati. A guidare le mosse, come detto sarà soprattutto l'andamento dell'inflazione. Per cui è lecito chiedersi se anche nel 2018 l’inflazione rimarrà sullo stesso livello oppure crescerà.

La spinta all'inflazione


Alcuni fattori strutturali sembrano impedire un’accelerazione forte. Ma qualche deviazione moderata potrebbe starci. Saranno forse spinte dai mercati del lavoro più contratti, prezzi del petrolio più alti, movimenti valutari e cambiamenti di politica fiscale. Se questi fattori dovessero davvero concretizzarsi, allora le banche centrali potrebbero cogliere l’opportunità e ritirare parte del sostegno straordinario fornito negli anni passati.

giovedì 18 gennaio 2018

Banca Centrale Svizzera, capital gain da paura ma non ci farà nulla

Ha realizzato più guadagni la Banca Centrale Svizzera investendo investendo in titoli e azioni, che moltissimi trader sparsi per il globo. Ha ottenuto una decina di miliardi in più perfino di Apple. Il guaio è che non può concretizzare questi profitti, ma deve continuare a investire. Destino crudele quello dell'istituto centrale elvetico, con il franco svizzero come causa dominante. E qui occorre fare un passo indietro e chiarire la questione.

Le mosse della Banca Centrale Svizzera

Il primo scopo della politica monetaria della banca Svizzera è tenere sotto controllo il valore della propria valuta, evitando che si apprezzi troppo rispetto alle altre. Esattamente come fanno gli altri "guardiani della moneta" in giro per il mondo, l'istituto così prova a vendere franchi sul mercato e comprare altre valute (specialmente dollaro, euro e yen) in modo da zavorrare i rialzi del franco. Lo ha fatto in modo costante nell'ultimo biennio, per contrastare l'aumento della propria valuta (in proposito si vedano i dati di FxORO spread ECN, è affidabile). Il punto è che questi acquisti di valute non vengono poi detenuti e basta, ma vengono fatti sotto forma di investimenti in azioni e bond che sono denominati proprio in quelle valute.

E qui sta la differenza rispetto ad altri istituti centrali. Quello Svizzero infatti non ha alcun problema a investire fuori del proprio territorio, mentre FED, BCE e BoJ comprano titoli fatti in casa, soprattutto quelli di Stato. Dal momento che il 2017 è stato un anno d'oro per i mercati, la Banca Svizzera ha ottenuto un enorme capital gain. Parliamo di 54 miliardi di franchi, ovvero l’8% del PIL del paese.

Capital Gain solo su carta


Peccato però che questi sono guadagni destinati a rimanere su carta, perché se decidesse di trasformarli in realtà, finirebbe per comprare franchi drenandoli dal mercato. L'effetto sarebbe quello di far schizzare verso l’alto la sua quotazione. Vedremmo il grafico di Renko strategia disegnare una scalinata ripidissima. La cosa meno gradita di tutte, perché porterebbe conseguenze pesanti per l’economia elvetica.

martedì 16 gennaio 2018

Cessione di Alitalia, i tempi si allungano. Commissari al lavoro

Prima di avviare i negoziati per la cessione di Alitalia occorrerà ancora un po' di tempo. Al termine dell'incontro fra i commissari straordinari e i ministri Calenda e Delrio si è giunti a fissare una nuova tappa di questo lungo iter per definire il destino della compagnia aerea italiana. Prima occorrerà fare una valutazione approfondita delle manifestazione di interesse pervenute. Soltanto dopo questo passaggi si potrà dare luogo a una negoziazione in esclusiva.

La partita per la cessione di Alitalia quindi è ancora aperta, ma soprattutto è allargata a diversi giocatori. Infatti potranno essere inclusi anche dei soggetti che fino a questo momento erano rimasti alla finestra, come Air France a Delta Air Lines, oppure la compagnia low cost Wizz Air. Chiaramente rimangono dentro anche quelle aziende che lo scorso mese di ottobre si fecere subito avanti presentando, nei termini previsti dalla procedura, l'offerta vincolante (Lufthansa, Easyjet e il fondo di private equity Cerberus).

Quando ci sarà la cessione di Alitalia

Spetterà adesso ai commissari svolgere un lavoro a 360 gradi per individuare il soggetto con il quale avviare la trattativa in esclusiva. A tal fine, domani voleranno a Francoforte per gli approfondimenti con Lufthansa e giovedì incontrano i manager di Air France-Klm. Settimana scorsa erano ad Atlanta con Delta e a New York con gli uomini di Cerberus. Calendario fittissimo quindi.

Anche se la partita sulla cessione di Alitalia si allunga inevitabilmente, questo non sembra incidere sui conti della compagnia. I commissari hanno infatti evidenziato il positivo andamento dei ricavi, che nel primo trimestre dell'anno dovrebbero andare meglio rispetto al 2017, ovvero l'anno in cui finalmente i conti hanno invertito la rotta. Questo ha consentito anche di non toccare il prestito ottenuto mesi fa per evitare il tracollo. Il prestito dello Stato non è stato sostanzialmente intaccato.

domenica 14 gennaio 2018

BCE, Draghi assiste al volo dell'euro e non interviene

Dopo la lettura delle minute della BCE, eravamo pressoché certi che Draghi sarebbe intervenuto per spegnere un po' di entusiasmo sui mercati. Del resto accadde più o meno lo stesso un paio di mesi fa, quando il numero uno della EuroTower si adoperò molto per zavorrare l'euro. La moneta troppo forte infatti è un fardello ulteriore per l'inflazione che fa ancora fatica a decollare. Ma allora perché Draghi stavolta non ha parlato? Perché ha lasciato che l'euro volasse oltre quota 1,21 contro il dollaro. L'euro fa ancora paura oppure no alla Bce?

Il silenzio di Draghi

Partiamo dai dati (abbiamo usato il broker Plus500 è sicuro e affidabile). Dopo la notizia che in Germania si va creando una nuova Grosse Koalition di governo la moneta unica è volata, sfruttando la euforia già presente dal giorno prima, quando le minute della Bce hanno ventilato la possibilità di una revisione anticipata della cosiddetta forward guidance. Già soltanto uno di questi fattori sarebbe bastato a spingere l'euro. Tutti e due assieme hanno prodotto il risultato di catapultare la moneta della Eurozona ai record di 3 anni sul biglietto verde.

I mercato hanno annusato la possibilità che il rialzo dei tassi potrebbe finire in agenda prima del previsto. E allora le parole di Draghi sulla necessità di andarci cauti che fine hanno fato? Perché il numero uno della BCE è rimasto in silenzio?

È chiaro che qualsiasi trader, dopo aver deciso quale piattaforma trading scegliere, si è fiondato a comprare euro. Nessuno si è curato della evidente contraddizione nella comunicazione della banca centrale, che di solito non è mai dissonante. Ma Draghi al momento rimane silente. Magari sarà perché s'è convinto che non è tanto l'euro ad essere forte, quanto il dollaro a essere debole? Forse. Washington è impantanata nelle politiche protezionistiche di Trump, letali per il dollaro e altrettanto poco salutari per il Paese. Magari Draghi ha preferito il silenzio per evitare di toccare equilibri che ora come ora sembrano instabili e delicatissimi.

giovedì 11 gennaio 2018

Lavoro, corsa contro il tempo per far cambiare idea a Embraco

Cominciare l'annuo nuovo perdendo il lavoro. Ecco il tristissimo scenario che ha riguardato i dipendenti della Embraco in Italia, a Riva di Chieri (To). In questa azienda venivano prodotti i compressori per frigoriferi Whirlpool. Fino a qualche giorno fa qui trovavano lavoro ben 535 persone, ma adesso il sito produttivo chiuderà e 497 posizioni (di cui 5 sono dirigenti) salteranno. E pensare che solo fino a pochi anni fa qui erano impiegati oltre 1000 addetti. In Italia rimarrà solo una filiale commerciale mentre l’attività produttiva vera e propria verrà dislocata in altri centri produttivi di Embraco. Probabilmente in Slovacchia. Se non altro, la conservazione di un ufficio commerciale in Italia permetterà all'azienda di continuare ad assistere la propria clientela.

Accordo difficile per salvare il lavoro

lavoro embracoLa situazione è precipitata di recente. Si temeva una possibile drastica riduzione dei volumi di produzione, e invece lo scenario è stato peggiore del previsto. Da settimane i lavoratori erano in presidio davanti allo stabilimento. Da lunedì prossimo però nessuno di loro tornerà al lavoro, visto che è stata avviata la procedura per licenziamenti collettivi (ex lege 223/91). Dal momento che l'azienda ha deciso di cessare l'intera attività produttiva in Italia, non ci sono misure che possano posticipare o ridurre, in tutto o in parte, la riduzione di personale.

Adesso dovranno passare 75 giorni durante i quali si cercherà di fare una trattativa per convincere l'azienda a cambiare decisione, o al limite valutare altre strade che siano alternative ai licenziamenti. Chiaramente hanno alzato la voce i sindacati, con i quali l'azienda ha detto di voler collaborare per trovare soluzioni perseguibili e su misura per il personale coinvolto. Anche se per adesso continua sulla linea intransigente mirata a dismettere l’attività produttiva.

lunedì 8 gennaio 2018

Corona Norvegese, possibili rialzi in vista dopo il crollo

Dopo un periodo di dubbi e incertezze, sembra che i trader potrebbero cominciare a ritrovare fiducia nella Corona Norvegese. Dal 21 dicembre il NOK è sceso costantemente nei confronti dell'euro, passando dal possibile superamento della soglia psicologica di 10.000 a un molto contenuto 9.664 (minimi di circa 2 mesi). Malgrado questo, la maggior parte delle banche d'investimento ha conservato un atteggiamento piuttosto rialzista. Ci si aspettava un rialzo soprattutto in virtù della crescita del prezzo del petrolio. Cosa che non è accaduta. Adesso però la mancanza di correlazione tra Nok e petrolio sembra essersi conclusa, e dal momento che l'oro nero dovrebbe essere consolidato oltre i 60 dollari, si può tornare a comprare Corone.

I driver della coppia euro corona norvegese

L'euro, la Corona Norvegese ma anche quella Svedese sono stati tra le valute G10 con le migliori performance negli ultimi tempi. Basta fare una apertura conto Plus500 registrazione e si potrà verificare questo aspetto sui grafici. All'orizzonte sembra esserci maggiore resilienza da parte di queste valute, anche alla luce dei dati sull'attività economica della zona euro e dei dati CPI per la Scandinavia. Tuttavia, per l'euro sembra potersi dire che sono già valutati e prezzati dal mercato molti fattori positivi. Il che fa credere che presto potrebbe esserci un rallentamento se non una inversione del trend rialzista. Per questo motivo il NOK e il SEK potrebbero salire in futuro.

C'è anche un altro aspetto che fa ritenere possibile una perdita di slancio dell'euro. Esaminando i dati di Dukascopy, si vede che dal un punto di vista del posizionamento, il rapporto COT del CFTC indica che c'è un considerevole accumulo di posizioni long sulla valuta europea (qui c'è una guida su come funziona Dukascopy Ecn broker recensione). Si sta cioè assistendo a uno sbilanciamento dal lato dei compratori, rispetto alla massa delle posizioni short. Questo potrebbe preannunciare una inversione delle posizioni, che tenderanno al riequilibrio. E quindi a un calo della coppia euro-corona norvegese.

sabato 6 gennaio 2018

Consumi e risparmio crescono. Merito del calo della pressione fiscale

Crescono i consumi degli italiani, che però risparmiano anche di più. Questa è la fotografia della situazione economica scattata dall'Istat, l'istituto nazionale di statistica. Merito del calo della pressione fiscale, che non è stata mai così bassa negli ultimi 6 anni e ha consentito ai cittadini di avere delle risorse in più. Il report indica che c'è stato un aumento del reddito disponibile delle famiglie dello 0,7%. La differenza tra i redditi e i consumi finali sale allo 0,5%, portando a quota 8,2% la propensione al risparmio delle famiglie durante il terzo trimestre 2017. Si tratta del primo incremento dopo 4 ribassi consecutivi.

Anche i prezzi cominciano a salire. Infatti l'indice che li misura ha mostrato un segnale di controtendenza rispetto al passato. Nel 2017 infatti aumenta del 1,2% e dice addio alla deflazione. Malgrado questo rimaniamo ancora distanti dal valore auspicato dalla BCE, che è del 2%. A spingere l’indice generale dei listini di beni e servizi concorrono, su base annua, in particolare gli aumenti dei prezzi per i trasporti (+2,7%), i prodotti alimentari (+1,6%), le voci relative all’abitazione, acqua, luce e combustibili (+1,9%).

Pressione fiscale incide su consumi e risparmio

Secondo l’analisi dell’Istituto di statistica, la pressione fiscale nel trimestre estivo risulta al 40,3%. C'è stato quindi un calo dello 0,4% rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente. Come detto, è anche il valore più basso che sia stato registrato da sei anni a questa parte. Il dato relativo alla pressione fiscale nei primi nove mesi del 2017 si attesta invece al 40,2%, anche in questo caso è il livello più contenuto dal 2011.

Questi dati spingono ad un cauto ottimismo gli attori della nostra vita economica. Confcommercio vede la possibilità che la crescita dei prezzi e l’incremento del reddito disponibile possano dare il via a un 2018 positivo sul fronte della spesa e dei consumi.

Ultimo dato interessante è il miglioramento del deficit nel corso del 2017. Infatti il disavanzo pubblico si è assestato al 2,3% del PIL nel corso dei primi nove mesi del 2017, registrando un andamento positivo dello 0,2 punti rispetto allo stesso periodo del 2016. Siamo al valore più basso dell’ultimo decennio.

giovedì 4 gennaio 2018

Criptovalute, le banche centrali chiedono regole

La febbre da criptovalute continua ad alimentare dibattiti e polemiche. E adesso anche dal fronte politico emerge la richiesta di maggiore trasparenza, maggiore regolamentazione e magari anche maggiori restrizioni per il mercato delle criptovalute. A 9 anni dalla estrazione del «blocco 0» di Bitcoin, lo scenario si è evoluto in modo incredibile. La rivoluzione delle valute digitale finora è nota soprattutto per i grossi profitti che ha consentito a chi ha avuto la lungimiranza di puntare su questo asset.

Il dibattito sulle criptovalute

bitcoinI guadagni messi assieme da Bitcoin sono stati spaventosi. E se qualcuno ha sfruttato i broker Forex bonus senza deposito ha davvero fatto bingo, assciurandosi un profitto straordinario senza investire manco un euro. Però è chiaro che a remunerazioni elevate e rapide corrispondono anche rischi fortissimi e zone d'ombra tutte da svelare. Per questo si solleva un coro di richieste di maggiore regolamentazione.

Il governatore della Banca Centrale austriaca ha rilanciato il tema nella BCE. Serve una stretta regolatoria, tenuto conto che la criptovaluta si presta ad essere uno strumento per il riciclaggio di denaro sporco. Anche il ministro delle Finanze francese aveva sollevato il problema con l'intento di sottoporlo al G20 di aprile. C'è chi dice che una stretta occorre anche e sorpattutto se gli Stati vogliano mantenere il controllo sulla creazione di
moneta.

Ma non è facile imporre delle regole a questo mercato. Il vice direttore di Banca d'Italia ha messo in allerta i piccoli investitori dalle valute digitali contratti altamente speculativi e simili a una scommessa. Peggio ancora se si comprende cos è la leva finanziaria forex trading e come agisce in questi casi. Però dal momento che gli scambi avvengono al di fuori del mercato, è molto probabile che un'azione legislativa nazionale possa rivelarsi del tutto inefficace. Bitcoin e le altre valute sono infatti strumenti finanziari regolamentati solo dalla rete. L'appiglio però sta nella direttiva europea 849/2015, quella che prevede già l'estensione agli exchange (le attività che fanno compravendita sulle criptovalute ndr) della normativa antiriciclaggio. In sostanza, le piattaforme di scambio di valute digitali dovrebbero far crollare il privilegio dell'anonimato.

martedì 2 gennaio 2018

Saldi al via con sconti super. Un consumatore su due li sfrutterà

La stagione dei saldi invernali comincia subito. Entro sabato in tutte le regioni italiane verrà dato avvio alle vendite a prezzi ribassati, con sconti anche record ma con la prospettiva di un mezzo flop. La prima regione a partire sarà la Basilicata, cui seguirà la Valle D’Aosta domani. Piano piano però gli sconti cominceranno in tutte le altre regioni, con l'ultima in ordine di tempo che sarà la Sicilia dove le vendite scontate inizieranno sabato 6 gennaio, in coincidenza con l’Epifania.

Le intenzioni di spesa per i saldi

saldiUn tempo il giorno dell'avvio dei saldi era un appuntamento molto atteso soprattutto dai consumatori a caccia di grosse occasioni. Oggi invece è diventato fondamentale anche per le imprese, che sperano di rifarsi dopo l'ennesimo anno difficile per il commercio. Del resto anche le vendite di Natale, seppure positive, sono state sotto le attese. Secondo le stime, un consumatore su due è intenzionato a sfruttare l'occasione e partecipare ai saldi, che dovrebbero presentare delle riduzioni dei prezzi più alte della media, secondo quanto stimato da Confesercenti. Lo sconto medio di partenza per il 56% dei negozi sarà infatti  del 30%, mentre il resto praticherà riduzioni iniziali comprese tra il 40 ed il 50%.

Complessivamente dovrebbero essere circa 280 mila le attività commerciali che applicheranno degli sconti. Praticamente siamo a circa un terzo del totale, visto che in Italia ci sono oltre 800 mila negozi. Sempre secondo l'indagine, il 47% dei consumatori ritiene che farà almeno un acquisto, mentre un altro 41% valuterà le occasioni di risparmio prima di decidere se acquistare o meno. L'indagine fornisce un ulteriore dato riguardo il comportamento previsto dei consumatori. Chi ha già deciso di acquistare prevede in media un budget di 150 euro a persona. Quasi tutti si orientano sugli stessi budget dello scorso anno (86%).